7 agosto 2007

Comunicato stampa

La “veronesità”, ovvero il partito del sindaco Tosi e di mons. Zenti

Occorre prendere atto che, in città, il partito dei sostenitori della cosiddetta “veronesità” è in continua espansione ed ormai annovera, tra i propri aderenti, anche personalità di spicco come il sindaco ed il vescovo.

Ma se il primo, da anni, ha costruito proprio su questa questione la propria battaglia politica, il secondo, appena arrivato, l’ha assunta come base di partenza per il suo lavoro.

Infatti, in un intervento sul quotidiano cittadino di qualche giorno fa, mons. Zenti, dopo aver esaltato, perfino con forme poetiche e liriche, lo spirito dei veronesi, arriva a dire che “insieme siamo una potenza”. Peccato però che si dimentichi di indicare contro chi, o a favore di cosa, questa potenza, seppur oggi ancora potenziale, dovrebbe essere impiegata dal momento che, oggettivamente, la giusta battaglia contro l’individualismo ed il corporativismo non può certo assorbirne tutta la capacità d’urto.

Ed allora cos’altro ci sta dietro alle affermazioni del vescovo?

A mio modo di vedere, nel suo argomentare, purtroppo, traspaiono espliciti riferimenti alla società identitaria che, di sicuro divide più di quanto non unisca.

Infatti tutti coloro, vecchi e nuovi, che non sono veronesi “de soca” come ama definirsi il vescovo, come si sentono in una realtà che esalta in maniera così esplicita ciò che a loro non appartiene?

Certo, a nessuno è chiesto di rinnegare la propria identità, ma credo sia perfino pericoloso innalzarne una a modello, inevitabilmente, a scapito delle altre.

Credo che il modo migliore di porsi in una realtà complessa e diversificata come ormai è anche Verona, sia certo quello di presentarsi con il proprio essere, senza infingimenti, ma con lo spirito di incontrare e conoscere chi ha diversi valori ed esperienze da portare, ma identici diritti da affermare.

Penso sia limitante e perfino sbagliato fermarsi ad esaltare il proprio modo di essere perché, in questa maniera, anziché incontrare si finisce per respingere l’altro, il diverso, il portatore di cultura ed esperienze differenti da quelle qui affermate.

Insomma, oggi a Verona c’è più bisogno di identità o di solidarietà, di chiusura o di apertura?

Per me la risposta è chiara ed anzi vorrei che la sensibilità solidaristica, come è chiamata da mons. Zenti, fosse dispiegata ogni volta che c’è un bisogno insoddisfatto e non solo nelle calamità come si può leggere nel suo testo.

Se poi si vuole effettivamente uscire dal provincialismo, allora è indispensabile modificare proprio quel modo di essere che sarà pure speciale, ma di sicuro è anche la madre dell’universalmente riconosciuto provincialismo veronese.

Insomma, secondo me, Verona ed i suoi abitanti sono chiamati, assieme, a costruire il proprio futuro che sarà più roseo e certo, tanto più questa città diventerà terra di incontro, di accoglienza, di reciproco riconoscimento, con una vera unità tra diversi piuttosto che una “turris eburnea” di intoccabile veronesità.

Fiorenzo Fasoli
Segretario provinciale di Rifondazione Comunista

Verona, 28/07/2007



Concordo pienamente con le parole di Fiorenzo. L'esaltazione di una identitá la maggior parte delle volte significa il disprezzo e l'emarginazione delle altre. Estremizzando atteggiamenti di questo tipo non mi é difficile intravedere mostruositá accadute nella Storia ( e non si parla di molti molti anni fa... ): vedete Rwanda ( Hutu - Tutsi ), Armenia ( Turchi - Armeni ), Germania ( non c'é bisogno che ricordi chi... ). Le tradizioni non vengono calpestate se si guarda alla novitá, allo straniero come una fonte di arricchimento personale e collettivo. La solidarietá, l'apertura sono valori indispensabili al giorno d'oggi! Saranno questi i valori che ci permetteranno di trovare la via della pace e della fratellanza. Di certo sindaci sceriffi e monsignori attenti alla "veronesitá" non danno l'idea di una grande apertura...forse é un bene? forse un male?

Opto per la seconda...

6 commenti:

Anonimo ha detto...

l'esaltazione di una carattere implica certamente un potenziale pericolo per l'equilibrio sociale. Stiamo attenti però a non generalizzare. Credo che ci sia una grande differenza tra la valorizzazione di un carattere e l'assumerlo come assoluto e incontrastabile. La convivenza civile, a mio avviso, non può che essere concepita nella pluralità che assomma ma distingue i diversi caratteri sociali.
Che si faccia dunque la festa della pearà purchè sia permessa nell'egual modo quella del kebab, della paella etc...

niala ha detto...

Ottimo, però non dimentichiamo che tante persone, e soprattutto gente come alain, non parla di tollerare e rispettare, ma di far proprie culture e usanze che assolutamente nulla hanno a che fare con le usanze autoctone..ovvero?
ora spiego, per esempio, perchè girare con una kefia (credo si scriva così, portate pazienza) addosso?non perchè fa moda, ma perchè è un simbolo forestiero, un simbolo di diverso...alain, il tollerare o rispettare non vuol dire FAR PROPRIO..ha ragione lo chef quando dice così..
non credo di sbagliare...
Ripeto, esaltare aspetti culturali che vengo da lontano e proporli come una valida e ottima laternativa A PRESCINDERE da qualsiasi altra cosa è molto rischioso..la provocazione "si alla polenta, no al cous cous" era in questo senso...non hai colto alain però...
mi dispiace....

Alain ha detto...

Sí, c'é una grande differenza tra "la valorizzazione di un carattere e l'assumerlo come assoluto e incontrastabile", non l'ho mai messo in dubbio e di certo non voglio generalizzare, ma quello che vedo e sento in questa nostra Verona in questi tempi somiglia piú alla seconda delle tue ipotesi. Per intenderci, sembra indispensabile fare la festa DELLA peará per affermare le tradizioni cosidette "in pericolo" ed invece fare la festa AL kebab perché calpestante le nostre usanze ed i nostri sapori culinari! E oltre a trovare il suddetto comportamento lungi dall'essere civile, mi dissocio da chi crede che diversificare la dieta o attivitá di qualunque tipo scoprendone di nuove sia sinonimo di sottomissione ad altre culture!

Provocazione o meno, é indubbio che c'é un gran fondo di "veritá" in questi slogan: obiettivo esorcizzare ció che non rientra nei parametri, in questo caso "veronesi", sí insomma bisgona essere "another brick in the wall", detta alla Pink Floyd per stare tranquilli. Gente come Alain non ha paura di far proprie culture ed usanze altrui?! Ma che male c'é? E' una semplice questione di gusti.. premesso che non porto la kefia cosa ti disturba in una persona che la porta? Se tu fossi davvero onesto e senza pregiudizi dovresti avercela anche con chi indossa Nike, Reebook, Converse, Adidas ecc.. Cioé uno dovrebbe soltanto indossare D&G e Diesel secondo te? La nostra tanto acclamata cultura, le nostre tanto sospirate tradizioni subiscono di giorno in giorno mutamenti ed evoluzioni, come si fa a pensare che se uno indossa le all star o indossa la kefia allora di conseguenza FA PROPRIE altre culture buttando nel dimenticatoio la sua? Ovviamente tutto questo al di lá delle questioni ideologiche su cui potremmo discutere per ore...

Ah poi non credere che si accetti tutto delle altre culture, o per lo meno personalmente critico molti aspetti di varie societá e nzioni del mondo. Ció che puó essere metabolizzato é solo ricchezza! Ció che non lo puó essere rimane un buco nella speranza di espandere i diritti dell'Uomo e dei lavoratori a tutti i popoli della terra ( vedi pena di morte USA IRAN ecc.. vedi escissione in vari paesi del terzo mondo ecc.. ).

niala ha detto...

mamma mia....alain..mamma mia...

Anonimo ha detto...

http://www.youtube.com/watch?v=34E_nkDC72Y&mode=related&search=

che dire...viva l italia!



VERGOGNA!!!

Anonimo ha detto...

alain , ahiahi. mi sembra chw questo forum sia decaduto... chissà per colpa di chi?!!!!!!!
comunque quà non è la questione del kebab all'ordine del giorno, è una questione di città pulita

se dopo si vuole vivere nel letamaio, le aziende agricole ne hanno tanto e anche di fresco